“Dobbiamo essere ben consapevoli, naturalmente, di che cosa significa un referendum (…). Ecco, in primo luogo vi è una constatazione: il referendum quali forze allinea su un certo fronte? Il referendum allinea la DC e il MSI, fascisti e democratici cristiani. Badate che io uso la parola “allinea sullo stesso fronte”, non dico “li allea”, li allea per l’obiettivo specifico. Perché fino ad oggi – domani potrebbe essere diverso – non è un’alleanza. Anzi, la DC, lo stesso documento episcopale teme questa collusione, ma è un fatto che questa battaglia viene condotta dai fascisti e dalla DC. E indubbiamente i contenuti che il MSI darà a questa battaglia saranno determinanti anche per una parte della DC; aggiungo, ed è un argomento ancora più importante, che il discorso va al di là delle forze politiche. Coloro che voteranno per l’abrogazione della legge sul divorzio, la voteranno per argomenti che saranno, tra l’elettorato del MSI e l’elettorato della DC, in gran parte comuni. (…) Quindi c’è un’aggregazione dell’opinione pubblica attorno a delle posizioni estremamente conservatrici. (…) Ed ecco allora il significato del referendum per certe forze politiche: aprire una strada involutiva in una situazione, dal punto di vista politico ed economico, drammatica per il nostro paese. (…)
Ma viene anche un’altra considerazione, a mio avviso non inferiore alla prima: questa lotta fra le forze conservatrici passa all’interno della DC. L’aver voluto il referendum è stata una vittoria delle forze più conservatrici della DC; e questa è una battaglia che ripropone all’interno della DC tutto il problema della loro scelta politica. Io penso che non a caso l’ha fatta Fanfani, questa scelta; che è l’uomo il quale ha iniziato la campagna elettorale del 1972 dicendo che si poteva scegliere indifferentemente a destra o a sinistra, negando l’irreversibilità della formula del centrosinistra. Voi vi rendete conto di cosa questo significhi: noi siamo riusciti a ottenere, dopo una lotta durissima contro il governo Andreotti, da poco tempo, un’inversione di tendenza, con tutte le debolezze e la drammaticità della situazione anche dal punto di vista politico, però noi sappiamo molto bene che se si vuole andare avanti, anche verso un governo che risolva la situazione di crisi italiana in senso progressivo e non in senso reazionario… sappiamo molto bene che questo deve passare anche all’interno di un orientamento della DC. E tutta la battaglia per il referendum significa invece l’attacco della destra democristiana alla possibilità di questa linea, e quindi il fatto che tendono a prevalere forze che parevano messe a tacere. Allora direi che questa battaglia è importante perché avviene, è importante per il modo in cui si svolgerà, ed è estremamente importante per il suo risultato.
Cari compagni, questa battaglia la dobbiamo vincere, perché le conseguenze di questa battaglia potrebbero essere molto gravi, per l’orientamento all’interno della DC e per un’aggregazione nell’opinione politica (…) tra una gran parte dell’elettorato cattolico e l’elettorato fascista. E questa è una cosa a cui noi dobbiamo fare estrema attenzione. (…)
Aggiungo qui una sola parola: (…) non voglio parlare del processo economico in sé, ma certe soluzioni riguardano anche il processo economico. Cioè una nuova linea di sviluppo va avanti se va avanti un certo tipo di alleanza; (…) altrimenti la risposta alla crisi economica sarà tutta sulle spalle dei lavoratori.
(…) Infine, ed è l’ultima cosa che volevo dire, visto che questa battaglia è così importante, che ha implicazioni così complesse anche per quanto riguarda la nostra linea, come conduciamo avanti questa battaglia? Io qui compagni non è che so dare ancora molte risposte, credo che forse molte risposte le diamo sui contenuti; sul modo di condurre avanti questa battaglia ancora non mi pare che abbiamo detto molto di nuovo. Io mi pongo un interrogativo, e lo pongo anche a voi: noi dobbiamo renderci conto che questa battaglia sarà condotta e diretta non solo dalle forze politiche, ma da altri centri. Già il comitato per il referendum è un centro diverso da quelli tradizionali; (…) ma verrà fuori indubbiamente tutta una serie di organizzazioni cattoliche, legate alle parrocchie, molto diverse da quelle che noi siamo abituati ad avere di fronte nel corso di una battaglia politica.
Questo è un fatto che ci pone dei problemi sul modo di fare questa battaglia.
Certo faremo dei comizi in piazza, faremo assemblee, riunioni, dibattiti… Però io credo, e mi spiace che per conto mio so indicare soltanto una strada, che noi dobbiamo sviluppare al massimo il lavoro capillare, al massimo: assemblee di caseggiato, riunioni di case, di quartieri. E dobbiamo avere il coraggio di andare, quando lo sappiamo – certo, scegliendo bene i compagni – là dove … ci sono riunioni, assemblee – anche in parrocchia, io dico – in cui si discute del referendum, noi dobbiamo andare a portare le nostre ragioni. Dobbiamo pensare che siamo su un fronte di battaglia che impegna il partito, le organizzazioni… ma che impegna ognuno dei compagni in quanto tale. Io penso che ognuno dovrebbe diventare a sua volta un centro di organizzazione, di propaganda, di influenza della gente normale con cui viviamo, che sono i nostri vicini di casa, gente che vediamo sui luoghi di lavoro, che incontriamo al mercato e così via. (…)
E non so se noi siamo già su questa strada, perché è un lavoro difficile da mettere in piedi. Quello che sento è che noi dobbiamo avere un impegno di questo genere.
Chiudiamo: che prospettive abbiamo, compagni? Se dobbiamo fare il conto dei voti avuti nelle elezioni dai partiti divorzisti, avremmo… tra un milione e mezzo e due milioni di vantaggio. Però, rendiamoci ben conto: questa è una battaglia che passa all’interno degli elettorati, tocca anche il nostro; io ritengo non in modo prevalente, per questo credo che anche per mantenere il nostro elettorato – non è questa, l’ho già detto, la ragione fondamentale, ma anche per questa ragione – tutto il discorso del valore politico di questa battaglia dobbiamo condurlo, e con molta forza. Però rendiamoci conto che ci saranno frange di elettorato nostro che voteranno a favore dell’abrogazione della legge sul divorzio. E per queste frange noi dobbiamo conquistare nell’elettorato della DC, dobbiamo riuscire a fare un’azione di carattere generale che mantenga il più possibile solido anche l’elettorato degli altri partiti, in modo da mantenere questa maggioranza che abbiamo in partenza, perché le conseguenze che potrebbero esserci se così non fosse le ho già dette e ve ne rendete conto tutti”.
Intervento di Nilde Iotti, Seminario referendum sul divorzio, Lazio 22-24 febbraio 1974, Archivio associazione Enrico Berlinguer.