I

1 – Tutte, o quasi, le Costituzioni degli Stati moderni presentano, secondo uno schema più o meno simile, un complesso di istituti che, variamente denominati (immunità, privilegi, prerogative, guarentigie), ruotano attorno alla netta affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza del Parlamento quale massima espressione della sovranità popolare e organo centrale della struttura dello Stato. Si tratta di istituti che affondano le loro radici in epoca medievale, evocando le lotte (a partire dal XIV secolo in Inghilterra) per affermare le prerogative delle Assemblee elettive rispetto al sovrano, e che hanno assunto nuovo significato negli ordinamenti costituzionali moderni derivati dalla Rivoluzione francese e dalla teoria della separazione dei poteri. Esperienze storiche a noi più vicine hanno poi radicato con maggior forza nella coscienza comune tali istituti quando lo scontro politico è divenuto più aspro, sboccando in certi casi in regimi dittatoriali.

2 – Per restare più strettamente ai problemi politico-istituzionali delle democrazie occidentali, sembra opportuno riaffermare l’incidenza che il complesso delle prerogative parlamentari ha (ed in modo non marginale) nell’assetto complessivo dello Stato e dei suoi poteri. Non segno esteriore della sovranità popolare, né privilegio del potere, le immunità parlamentari rispondono ancora oggi all’esigenza di tutelare l’indipendenza dell’organo, che è la massima espressione democratica della sovranità, da qualsiasi ingerenza. Tale esigenza, anzi, diviene ancora più pressante per la complessa articolazione e diffusione del potere che una moderna democrazia richiede.

Emerge poi con maggiore chiarezza una valenza in positivo, che si affianca a quella classica di difesa contro le ingerenze di altri poteri. Le prerogative parlamentari, considerate nel loro complesso sistematico e cioè l’autonomia regolamentare, il potere di auto-organizzarsi, il principio degli interna corporis, l’autonomia finanziaria e contabile, il sistema di immunità personali e di sede, la verifica dei poteri e la stessa indennità parlamentare, sono tutti istituti che fanno corpo per assicurare, con disposizioni quasi sempre di rango costituzionale, lo spazio necessario alla libera esplicazione delle funzioni parlamentari.

Questa straordinaria combinazione di misure — che comportano deroghe rilevanti al regime ordinario — trova fondamento da un lato nella necessità che il processo di decisione parlamentare si svolga in condizioni di assoluta e reale indipendenza, dall’altro nel ruolo centrale che il Parlamento assume rispetto agli altri poteri dello Stato. Ma altrettanto importanti, nel valutare il sistema di prerogative, sono le connessioni che possono essere fatte valere sul versante del rapporto tra popolo e Parlamento (preminenza della responsabilità politica e rispetto della volontà popolare) e su quello dei rapporti fra maggioranza ed opposizione (con le conseguenze che ne derivano sull’effettivo dispiegarsi della democrazia politica).

3 – L’espressione «privilegi e immunità parlamentari» (cui altre si sono affiancate nelle diverse lingue, senza che sia possibile cogliere un criterio comune che le differenzi l’una dall’altra in modo soddisfacente) vale a coprire tutti questi istituti, ed altri ancora di minore rilievo, operanti nei nostri ordinamenti. «Il privilegio parlamentare — specifica una celebre definizione di Erskine May — rappresenta la somma dei diritti di cui dispongono collettivamente ciascuna Camera e individualmente ciascun parlamentare per essere in condizione di esercitare le loro funzioni».

In linea di massima, i due termini sono adoperati come sinonimi, anche se si propone in qualche caso una diversificazione basata sul fatto che il primo (privilegi del Parlamento) starebbe ad indicare il complesso delle norme speciali di diritto positivo di cui gode il Parlamento; il secondo (immunità dei parlamentari) avrebbe invece un contenuto negativo, definendo la non operatività di determinate norme generali nei confronti dei soggetti immuni.

Qualunque sia il reale fondamento di tale distinzione — che appare opinabile in parecchi ordinamenti (e ad esempio in quello italiano) anche per il significato lessicale del termine «privilegio» — è naturalmente impossibile in questa sede dar conto di tutti i «privilegi» e le «immunità» parlamentari. Anche per lo spessore che i relativi problemi hanno assunto in sede comunitaria, sembra invece opportuno limitarsi, senza pretesa di completezza, ad alcuni spunti comparatistici in materia di immunità personali e di sede.

Si tenderà perciò ad offrire un quadro di sintesi delle linee di convergenza e di divergenza fra i diversi ordinamenti dell’Europa occidentale e dei problemi prospettati in seno al Parlamento europeo, tenendo conto, nei limiti del possibile, del modo in cui i singoli istituti operano nella realtà, dei problemi e delle tensioni che sollevano, delle linee di soluzione attuate o proposte nei singoli Paesi. Sotto questo profilo, proprio la situazione italiana può rappresentare un utile punto di partenza sia per l’estensione del sistema di immunità personali previsto in Costituzione, sia per le questioni che esso ha sollevato e su cui ci si soffermerà con maggiore ampiezza.

4 – La comparazione fra i diversi ordinamenti non è in verità sempre agevole. L’impianto complessivo delle prerogative parlamentari è infatti sostanzialmente unitario ma sussistono, nella concreta regolamentazione dei singoli istituti, differenze di rilievo che si spiegano meglio se si considera il complesso intreccio di vicende politico-istituzionali proprie di ciascun paese: la funzione comune di strumento di garanzia della libertà e dell’indipendenza dell’istituto parlamentare si è infatti diversamente evoluta secondo variabili legate al quadro istituzionale complessivo.

Così, se non si tiene conto del diverso ruolo attribuito dalle rispettive Costituzioni all’istituto parlamentare, è impossibile, per esempio, raffrontare gli ampi poteri di cui godono le Camere italiane in materia di autonomia regolamentare o di verifica dei poteri con il sistema francese che attribuisce invece al Consiglio costituzionale tanto il controllo preventivo della conformità alla Costituzione dei regolamenti parlamentari, quanto le decisioni sulle contestazioni elettorali. La «democrazia partecipativa» degli Stati scandinavi non tollera, dal canto suo, manifestazioni di supremazia troppo accentuate nella articolata organizzazione dei poteri dello Stato, né richiede norme particolari per garantire la corretta operatività del rapporto di rappresentanza politica che altrove appaiono invece tuttora indispensabili per consolidare il regime democratico e parlamentare.

Eguale importanza assume il ruolo che nei singoli ordinamenti gioca l’indipendenza del potere giudiziario e l’obbligatorietà dell’azione penale. Per talune delle prerogative parlamentari, infatti, alla funzione iniziale di difesa dell’indipendenza del Parlamento contro le possibili prevaricazioni del potere esecutivo si è concretamente sostituita, in epoca più recente, la esigenza di tutelare il mandato parlamentare dalle eventuali interferenze della magistratura, la cui indipendenza è ampiamente garantita, o comunque da strumentalizzazioni che attraverso l’attività giudiziaria resta sempre possibile portare avanti. Il sistema di immunità personali assume, in tali condizioni, un significato che non può avere, ad esempio, nell’ordinamento inglese in cui una eventuale strumentalizzazione politica del processo troverebbe immediati sbocchi in sede parlamentare, per la stessa appartenenza all’esecutivo del potere di promuovere l’azione penale.

 

II

1 – È noto che le immunità personali si concretano nella cosiddetta insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni parlamentari e nella inviolabilità che impedisce invece, a certe condizioni, la sottoposizione del parlamentare a procedimento penale, ad arresto e a limitazioni della libertà personale.

Sotto il profilo giuridico la distinzione tra le due prerogative è, nella maggior parte degli ordinamenti, molto netta: la cosiddetta insindacabilità impedisce infatti il sorgere dell’antigiuridicità del fatto, è assoluta (sia perché, in generale, non può venir meno neanche per decisione del Parlamento, sia nel senso che riguarda qualsiasi procedimento penale, civile o anche, come specificato in talune Costituzioni, disciplinare) ed illimitata nel tempo, riguardando non solo i parlamentari in carica ma anche gli ex parlamentari. La inviolabilità, invece, costituisce solo un ostacolo all’avvio (o alla prosecuzione) dell’azione penale o a misure restrittive della libertà personale (come perquisizioni e arresti); può essere superata con uno speciale procedimento autorizzativo della Camera; non riguarda in generale che tutti (o alcuni) procedimenti penali; è infine limitata nel tempo, essendo strettamente collegata alla durata del mandato parlamentare o, per molti Paesi, alla sola durata della sessione.

2 – L’esigenza di salvaguardare in modo assoluto la libera espressione delle opinioni e dei voti nell’esercizio delle funzioni parlamentari è così immediata ed oggettiva da comportare la ripetizione quasi testuale della medesima formula in pressoché tutte le Costituzioni. Di fatto anche le Costituzioni che non salvaguardano in altro modo la persona dei parlamentari, con- tengono però esplicite disposizioni dirette ad escludere che un deputato possa essere perseguito a causa delle opinioni espresse o dei voti dati in Parlamento. La garanzia — come è unanimemente riconosciuto — tutela la funzione e non il singolo parlamentare, che non può in alcun modo rinunciarvi.

La caratterizzazione funzionale di questa immunità è particolarmente evidente nell’ordinamento inglese e, più in gene- rale, in tutti quegli ordinamenti che: 1) estendono tale garanzia a quanto viene «detto in Parlamento» anche da parte di non parlamentari (così in Olanda essa si estende ai Ministri e ad alcune categorie di funzionari governativi espressamente indicati dalla legge; in Irlanda ai funzionari ed esperti che coadiuvano il lavoro delle Commissioni parlamentari; in Gran Bretagna a tutti coloro — testimoni, consiglieri, firmatari di petizioni — che siano ascoltati dal Parlamento nello svolgimento della propria attività); 2) fondano proprio su questa forma di privilegio la non punibilità della pubblicazione, in certe forme, dei resoconti parlamentari (1). «Nessuno può dubitare — sancisce una risoluzione dei Comuni che risale all’11 dicembre 1667 — che qualunque cosa una volta emanata diventi legge. Ma niente può diventare atto del Parlamento se prima non è proposto e votato. Pertanto, se una legge non può far torto ad alcuno, altrettanto deve dirsi per chi all’inizio l’abbia proposta. I membri della Camera devono essere liberi esattamente come la Camera: un atto del Parlamento non può recar danno allo Stato ed in conseguenza nemmeno lo potrà la discussione che a tale atto prelude, giacché non si ha legge senza una precedente proposta e discussione».

Il collegamento dell’attività parlamentare con la preminenza della legge e con le massime funzioni di controllo e di indirizzo della politica nazionale elimina in radice ogni contrasto, pure teoricamente ipotizzabile, fra il comportamento dei deputati in Parlamento e i princìpi del diritto comune. E per questo che, con alcune eccezioni, il principio della irresponsabilità impedisce il sorgere stesso della antigiuridicità del fatto. L’irresponsabilità diviene così un elemento strutturale della libertà del singolo; proprio per questo talune Costituzioni (Repubblica Federale Tedesca, Grecia) affiancano alla non perseguibilità delle opinioni espresse la impossibilità di chiamare comunque il deputato a testimoniare o a «rendere conto» della propria attività o delle informazioni ricevute o fornite nell’esercizio delle sue funzioni.

3 – Anche in connessione con l’altra (e diversissima) forma di immunità personale dell’inviolabilità, si è invece posto in tutti gli ordinamenti il problema di una più puntuale definizione degli atti cui si estende l’irresponsabilità dei parlamentari. Sotto questo profilo è regola comune che essa non riguardi né fatti diversi dalla manifestazione di opinione e di voti (per esempio, violenze fisiche) né atti compiuti in sedi diverse dalle riunioni ufficiali della Camera e dei suoi organi o in preparazione di queste. Vengono così ricompresi i dibattiti in Aula e in Commissione, la predisposizione dei testi di progetti di legge, di interrogazioni, di mozioni e di qualsiasi altro documento parlamentare, la manifestazione di opinioni nel corso di riunioni ufficiali anche fuori della sede parlamentare; sono invece perseguibili le opinioni espresse a titolo personale (anche se, eventualmente, nella stessa sede del Parlamento) durante riunioni pubbliche, conferenze stampa, interviste, ecc. e anche quando riflettono opinioni espresse in sede parlamentare.

Qualche incertezza può sorgere in merito alle riunioni di gruppi parlamentari; ed è notevole in proposito la interpretazione estensiva che in Danimarca è stata data all’articolo della 33 Costituzione che fa riferimento alle «opinioni espresse in seno al Folketing» nel senso di includervi tutte le riunioni cui il parlamentare partecipi «in virtù del suo mandato», intendendo per tali sia le riunioni di partito dirette a determinare l’atteggiamento da assumere su questioni all’ordine del giorno del Folketing, sia i lavori di Commissioni comunque istituite (anche se non in base a decisioni del Folketing o del suo regolamento) con il compito di controllare l’amministrazione e la attività generale del governo.

Dal canto suo, la Costituzione spagnola esplicita (articolo 67) un principio generale secondo il quale i parlamentari non esercitano le loro funzioni né possono pretendere i privilegi parlamentari quando le riunioni si svolgano senza la regolamentare convocazione.

C’è da aggiungere che in alcuni ordinamenti (fra cui, per esempio, l’Italia e il Belgio) le attività politiche vengono comunque fatte rientrare nell’altra garanzia dell’inviolabilità parlamentare, coprendo perciò per questo verso, in linea di massima, tutte le possibili manifestazioni di opinione. La distinzione ha comunque conseguenze anche pratiche, se si ricorda che, per esempio, in Italia un ex senatore è stato di fatto perseguito in giudizio (ma poi assolto), una volta scaduto il mandato parlamentare, per le opinioni espresse durante una conferenza stampa svoltasi a margine dell’attività di una Commissione parlamentare d’inchiesta.

4 – La prerogativa della insindacabilità conserva tuttavia profili assai delicati soprattutto in tre casi: quando il comportamento di un parlamentare concreti la rivelazione in sede parlamentare di un segreto giuridicamente protetto; quando possa ipotizzarsi, in connessione con le opinioni espresse e i voti dati in Parlamento, un reato di corruzione, interesse privato in atti di ufficio e fattispecie analoghe; quando l’opinione espressa risulti lesiva di concreti diritti di privati (anche e soprattutto se estranei al Parlamento) attraverso affermazioni ingiuriose, diffamatorie o calunniose nei loro confronti.

Si tratta di ipotesi che di fatto si sono verificate in casi abbastanza rari, che tuttavia sono sintomatiche in quanto identificano la linea di confine del privilegio parlamentare in un momento storico che vede sempre più ampliarsi le funzioni del Parlamento e sempre maggiore la loro incidenza nella società civile e sulla autonomia dei privati. Le soluzioni offerte a tali problemi sono di vario tipo. I poteri interni attribuiti al Presidente per il regolare svolgimento dei lavori e per il mantenimento dell’ordine comportano, in taluni casi, strumenti efficaci per ricomporre lo squilibrio che, a livello di ordinamento generale, l’irresponsabilità parlamentare può provocare. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di disporre la prosecuzione del dibattito in seduta segreta, interdicendo l’accesso agli estranei e la pubblicazione dei resoconti, che è esplicitamente collegata (per esempio in Gran Bretagna, ma secondo un principio valido in tutti gli altri Paesi) ad una migliore garanzia della libertà di espressione; ma si pensi anche ai poteri disciplinari nei confronti dei deputati che con le loro dichiarazioni turbino l’ordine e la libertà delle discussioni e al potere di dichiarare irricevibile un atto non conforme alle norme della correttezza parlamentare. Per la maggior parte dei Paesi è questa l’unica forma di bilanciamento possibile tra la tutela della libera esplicazione delle funzioni parlamentari ed altri interessi di carattere generale. È una soluzione che può apparire inadeguata, soprattutto se si tiene conto della circostanza che le norme regolamentari sono finalizzate principalmente al buon andamento dei lavori parlamentari e non, come è ovvio, alla realizzazione dell’interesse dello Stato a perseguire comportamenti criminosi o alla tutela dei terzi rispetto a fatti lesivi dei loro diritti. Ma, oltre a essere di fatto la soluzione largamente prevalente, essa è coerente con l’intento di svincolare in assoluto la libera esplicazione delle funzioni parlamentari da qualsiasi pressione esterna e da quei limiti, pur di carattere generale, che il rapporto di rappresentanza politica e l’attribuzione delle massime funzioni nella gestione della cosa pubblica non tollerano, a pena di vedere sminuite l’autonomia, l’indipendenza e l’imparzialità della funzione.

In alcuni ordinamenti si ammettono invece eccezioni, tutte incentrate sulla possibilità che il Parlamento valuti, nel caso concreto, l’opportunità di togliere la garanzia dell’inviolabilità: la Costituzione danese e quella svedese prevedono in via generale l’autorizzazione a procedere per perseguire in giudizio, per le opinioni espresse o per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato, coloro che abbiano esercitato o esercitino la funzione parlamentare. La Costituzione della Repubblica federale tedesca e quella greca eccettuano dalla irresponsabilità assoluta solo le ipotesi di diffamazione. In tutti questi casi la norma costituzionale ha voluto lasciare aperta una concreta valutazione delle singole situazioni, per consentire all’apprezzamento politico dell’organo parlamentare (non diversamente da quanto accade sempre per l’inviolabilità personale) un bilanciamento dei diversi interessi coinvolti e costituzionalmente protetti, con particolare riferimento a quelli che tutelano la onorabilità dei privati. Si può aggiungere che mentre in Svezia è previsto un quorum particolarmente elevato (cinque sesti dei votanti) per la concessione dell’autorizzazione, non risulta che sia mai stata concessa l’autorizzazione a procedere nei casi in cui è stata richiesta (per esempio in Germania) per dichiarazioni in sede parlamentare ritenute diffamatorie o calunniose.

 

III

1 – Sebbene risponda alle medesime esigenze di assicurare la libertà, l’autorità, l’integrità e il prestigio del Parlamento, la prerogativa della inviolabilità è sensibilmente diversa da quella dell’irresponsabilità soprattutto perché presuppone comunque nei suoi meccanismi operativi una valutazione concreta da parte del Parlamento dei diversi interessi in gioco. «La decisione relativa al mantenimento o alla revoca dell’immunità — specifica con molta incisività l’allegato 6 del Regolamento del Bundestag — è una decisione politica e non deve costituire, per sua natura, una ingerenza in una procedura in corso attraverso la quale si tratti di constatare una ragione o un torto, la colpevolezza o l’innocenza. L’essenziale di tale decisione politica è invece costituito dal raffronto fra gli interessi del Parlamento e gli interessi degli altri poteri pubblici».

Come è noto, questa forma di immunità riguarda essenzialmente la sottoposizione a procedimento penale, l’arresto o qualsiasi altra forma di privazione della libertà personale e la detenzione in esecuzione di una sentenza penale. Si tratta perciò di bilanciare, sulla base di parametri che sono peraltro abbastanza diversificati nei diversi ordinamenti costituzionali, l’interesse dello Stato al perseguimento dei crimini e alla punizione dei colpevoli con gli interessi tutelati dalla prerogativa parlamentare. Per due Paesi, Gran Bretagna e Paesi Bassi, la soluzione è data in maniera molto netta dalle leggi vigenti.

In Gran Bretagna, l’unica immunità personale che possa avvicinarsi alla prerogativa dell’inviolabilità è quella che tutela i parlamentari da ogni atto di privazione della libertà personale nei procedimenti civili (2).

Nei Paesi Bassi non esiste alcuna forma di inviolabilità, essendo stata abolita nel 1848 l’autorizzazione a procedere prevista in certi casi ed avendo una legge del 1884 equiparato i parlamentari a tutti i cittadini per ciò che riguarda il perseguimento dei reati comuni. I reati connessi all’esercizio del mandato parlamentare sono però giudicati dalla Corte Suprema.

2 – Per gli Stati in cui esiste invece una qualche forma di inviolabilità sembra opportuno fare una distinzione a seconda che essa riguardi l’arresto, la detenzione o altre forme di limitazione della libertà personale ovvero attenga al divieto di sottoporre, senza autorizzazione della Camera, i parlamentari a procedimento penale. Nel primo caso la prerogativa appare diretta prevalentemente a non intralciare i lavori parlamentari: viene soprattutto in rilievo l’interesse del Parlamento a salvaguardare, attraverso la tutela della libertà personale dei deputati, la propria integrità. Nel secondo, l’esigenza sembra piuttosto quella di non esporre il parlamentare ad ingerenze esterne che ostacolino, anche solo attraverso una indebita lesione del suo prestigio personale o il pericolo di coartazione indiretta della sua volontà, l’esercizio del mandato.

Quanto all’immunità dall’arresto (o da altri provvedimenti coercitivi della libertà personale) comune a quasi tutti gli ordinamenti considerati è la regola che ogni singolo atto restrittivo della libertà del parlamentare deve essere autorizzato dalla Camera e che l’autorizzazione a procedere in giudizio non comporta la possibilità di sottoporre il parlamentare alle misure restrittive della libertà che sia necessario adottare nel corso del procedimento o anche in esecuzione di una sentenza. Così come la operatività dell’immunità dall’arresto non è in generale legata alla circostanza che la Camera sia effettivamente in sessione, essendo anzi previsti in alcuni Paesi meccanismi sostitutivi della autorizzazione dell’Assemblea nei periodi di intersessione (3).

La stessa immunità, invece, presenta profili diversificati soprattutto per ciò che riguarda le eccezioni al divieto di arrestare un parlamentare senza la preventiva autorizzazione della Camera di appartenenza e la sua estensione anche alla detenzione in esecuzione di una sentenza penale.

3 – In Irlanda, in Svezia e in Portogallo l’immunità dall’arresto è l’unica forma conosciuta di inviolabilità parlamentare, sottoposta per di più a limitazioni perché la Costituzione svedese esclude i casi in cui si tratti di reato punibile con una pena non inferiore a due anni e quelli in cui il componente del Riksdag si sia dichiarato colpevole o sia stato arrestato in flagranza; quella irlandese limita il divieto di arresto al «tragitto verso e dalla Ca- mera e quando il deputato sia al suo interno» escludendo per di più i reati di tradimento e quelli contro l’ordine pubblico. Anche per il Portogallo la Costituzione, il Regolamento dell’Assemblea nazionale e la legge n. 5 del 10 settembre 1973 sullo status dei deputati prevedono come unica forma di inviolabilità il divieto di fermo o di arresto senza autorizzazione dell’Assemblea, salvo i casi di flagranza e quelli di delitti punibili con la pena della reclusione da due a ventiquattro anni. La promozione dell’azione penale e il deferimento a giudizio non richiedono invece alcuna autorizzazione, potendo anzi comportare, su delibera dell’Assemblea a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dei presenti, la sospensione del parlamentare.

4 – Negli altri Paesi la gravità del reato non influisce invece sul divieto di arresto senza l’autorizzazione della Camera, ma è comunque prevista l’eccezione dell’arresto in flagranza, che è consentito in tutti gli ordinamenti (4). E di tale eccezione si comprende bene il motivo se si considera che la necessaria immediatezza in questi casi dell’intervento restrittivo della libertà personale e le circostanze di fatto in cui si svolge dovrebbero escludere o comunque rendere più difficile sia un intento persecutorio del parlamentare sia qualsiasi interesse diretto ad intralciare l’attività della Camera. Ad ogni modo, pur nei casi di arresto in flagranza, è sempre prevista la possibilità che la Camera richieda la sospensione della misura restrittiva della libertà personale: così, per esempio, in Austria, l’autorità che procede all’arresto deve notificare la misura al Nationalrat, che può chiederne la sospensione direttamente o, nei periodi di intercessione, per il tramite di una Commissione speciale. In Svizzera, l’arresto del parlamentare è possibile nel caso di flagranza o quando vi sia pericolo di fuga, ma l’autorità che procede deve chiedere entro 24 ore il consenso dell’Assemblea, a meno che non lo abbia dato per iscritto il deputato interessato.

In Italia, nel caso di arresto in flagranza di un parlamentare, è previsto che la Camera di appartenenza decida se l’arresto deve essere mantenuto.

5 – Il carattere preminente di garanzia per l’integrità dell’organo parlamentare consente, in taluni ordinamenti, di estendere l’immunità in esame a qualsiasi tipo di detenzione, anche se in esecuzione di una condanna penale eventualmente irrogata prima dell’assunzione del mandato parlamentare. Tale circostanza fa anzi emergere con maggiore evidenza la funzione specifica dell’immunità dall’arresto, perché in tali casi è possibile escludere, normalmente, ogni intento persecutorio e qualsiasi volon- tà di coartare, attraverso ingerenze esterne, l’esplicazione delle funzioni parlamentari.

Come è ovvio, la possibilità che un parlamentare risulti, all’atto dell’assunzione del mandato, detenuto per una condanna penale è condizionata dalle norme che regolano l’elettorato passivo, che sono diverse a seconda dei differenti paesi. Allo stesso modo, il problema della detenzione per condanna penale di un parlamentare in carica è risolto in radice quando sia prevista la sospensione o la decadenza dal mandato parlamentare (ad opera della stessa Camera o automaticamente) a seguito di una condanna penale.

Nei casi in cui l’ipotesi è possibile, alcuni ordinamenti prevedono la necessità dell’autorizzazione a procedere tanto per mantenere in stato di detenzione il deputato neo eletto quanto per eseguire la pena nei confronti di un parlamentare in carica condannato alla detenzione.

La Costituzione italiana e quella della Repubblica federale tedesca (5) comportano la sospensione d’ufficio dell’esecuzione di pene o misure che privano o comunque limitano la libertà a partire dal giorno in cui sono assunte le funzioni parlamentari (che per l’Italia coincide con il giorno della proclamazione). In Italia, inoltre, è esplicitata la necessità di richiedere l’autorizzazione della Camera «per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile» (articolo 68 della Costituzione).

La legge federale svizzera del 26 marzo 1934 specifica invece che l’immunità non può essere invocata quando si tratti di una pena detentiva resa esecutiva a seguito di una condanna passata in giudicato prima della sessione. In Francia è consentito l’arresto, senza alcuna autorizzazione, quando si tratti di eseguirlo, fuori sessione, per una condanna definitiva, ma rimane la possibilità per l’Assemblea di chiederne la sospensione per il periodo della sessione parlamentare. Analogamente, la sospensione può essere richiesta in Belgio, mentre in Grecia l’esecuzione di una pena irrogata a seguito della concessione della autorizzazione a procedere o prima dell’elezione non può essere sospesa.

6 – In Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Italia, Lussemburgo, Repubblica federale tedesca, Spagna e Svizzera la garanzia dell’inviolabilità riguarda anche il divieto di perseguire penalmente un parlamentare senza la preventiva autorizzazione della Camera di appartenenza. L’immunità si atteggia però in modo diverso innanzi tutto a seconda che sia o meno legata, nella sua operatività, al fatto che il Parlamento sia effettivamente in sessione. Di fatto, nei paesi in cui la magistratura possa liberamente perseguire durante le vacanze parlamentari un deputato (è il caso della Francia), l’immunità ha il solo effetto di differire nel tempo l’instaurazione nei suoi confronti di un procedimento; essa si conforma cioè come un divieto temporaneo strettamente legato alla libertà di esercizio del mandato nel momento tipico della partecipazione ai lavori parlamentari. Il fronte del possibile intervento delle Camere per impedire procedimenti arbitrari o vessatori si sposta allora piuttosto sulla sospensione del procedimento che la Camera potrà richiedere alla ripresa dei lavori.

In altri paesi invece (ad esempio, in Italia) l’inviolabilità comporta l’improcedibilità dell’azione penale nei confronti del parlamentare; essa può essere superata solo a seguito di un’apposita autorizzazione a procedere da parte della Camera. La «zona di rispetto» del mandato parlamentare è allora più ampia: riguarda non solo la libertà di partecipazione ai lavori parlamentari (che oltre tutto, in Italia, continuano ininterrottamente per tutto l’arco della legislatura salvo limitate e non rigidamente preordinate sospensioni), ma la riserva in ogni caso alle Camere di un giudizio preventivo di congruità dell’avvio dell’azione penale rispetto a possibili intenti di persecuzione politica o all’incidenza dell’azione penale sul prestigio, sulla dignità e sul buon andamento dei lavori parlamentari. E insomma evidente in tali casi il più diretto collegamento fra la garanzia dell’inviolabilità e altri interessi di carattere generale, quali possono essere: la tutela delle regole del gioco nei rapporti fra maggioranza e opposizione; la preminenza della responsabilità politica e dei suoi meccanismi operativi rispetto ad altre forme di responsabilità che rischiano, se fatte valere in modo distorto, di inquinare il rapporto fra deputati e corpo elettorale; la volontà di munire comunque il Parlamento, nell’organizzazione bilanciata dei poteri dello Stato, di strumenti di difesa contro le possibili intrusioni di altri organi costituzionali realizzate attraverso iniziative vessatorie nei confronti dei propri membri.

7 – Negli ampi spazi tra questi due modi di configurare l’immunità dal procedimento penale si collocano le diverse soluzioni a delicati problemi che, in tutti gli ordinamenti, riguardano 41 soprattutto tre profili: la definizione dei limiti entro i quali deve essere contenuta, prima dell’intervento del Parlamento, l’attività della magistratura e/o degli organi di polizia per l’accertamento e il perseguimento dei reati; la rilevanza che assume l’interesse del singolo parlamentare nel procedimento relativo all’immunità che lo riguarda; il tipo e le caratteristiche dell’intervento delle Camere nei procedimenti per la revoca dell’immunità, per la concessione dell’autorizzazione a procedere o per la sospensione dei procedimenti penali già legittimamente avviati.

Sul primo punto, c’è innanzitutto da segnalare che la flagranza del reato esclude, in quasi tutti gli ordinamenti considerati, la possibilità di invocare l’immunità dal procedimento penale in base alle stesse motivazioni per cui, in tali ipotesi, è ammesso anche l’arresto del parlamentare. A seconda di come sia configurata la flagranza, si registrano perciò differenze di qualche rilievo nell’autonoma iniziativa degli organi inquirenti, fatto salvo in ogni caso il potere del Parlamento di intervenire successivamente per richiedere la sospensione del procedimento già avviato. Così, per esempio, mentre in Francia si sono avute anche di recente questioni in sede giudiziaria sulla estensione della flagranza (6), in Belgio le condizioni indispensabili per considerare il reato di un parlamentare come un caso di flagrante delitto sono legate ad una sequenza ininterrotta di atti che vanno dalla constatazione del fatto ad opera di un agente di polizia giudiziaria o dalla denuncia di un testimone oculare, all’apertura dell’istruttoria del giudice senza soluzione di continuità. In Germania, l’avvio dell’azione penale non richiede la preventiva autorizzazione delle Camere se il parlamentare è arrestato in flagrante delitto o nel corso del giorno successivo. In altri paesi, invece, l’ipotesi è assai più limitata e comunque, in Italia, il fatto di procedere, nei casi consentiti, all’arresto di un deputato, non comporta di per sé la possibilità di avviare il relativo procedimento, perché deve essere richiesta nei dieci giorni successivi tanto la convalida dell’arresto quanto l’autorizzazione a procedere.

A parte ciò, il problema principale riguarda lo svolgimento delle indagini e la possibilità di compiere gli atti che precedono la formalizzazione dell’accusa penale. Ed è un problema di particolare delicatezza perché da un lato l’attacco alle prerogative parlamentari ben può concretarsi, a seconda di come si conformi l’ordinamento processual-penalistico, proprio nella fase delle indagini che precedono il formale avvio dell’azione penale; dall’altro, consentire l’autonomo sviluppo di tale fase, oltre a semplificare notevolmente i rapporti fra Parlamento e magistratura inquirente, può rispondere all’interesse del parlamentare (per esempio nei casi di denunce infondate o di infrazioni di minore gravità) e dello stesso Parlamento, per le eventuali determinazioni che riterrà di adottare nelle fasi successive.

La questione assume minore rilevanza in quei casi in cui l’immunità è più strettamente legata alla durata della sessione (7). Così, in Francia, durante le sessioni è inibita solo la formalizzazione dell’azione penale mediante citazione diretta o procedimento istruttorio, risultando invece possibili anche nel cor- so della sessione tutti gli altri atti e qualsiasi investigazione (8). Anche in Belgio l’inviolabilità non esclude che sia dato inizio a un procedimento, ma impedisce che si dia esecuzione, nei confronti del parlamentare, agli atti del procedimento.

In Danimarca, pur potendo l’immunità essere invocata anche quando la sessione è chiusa, essa copre solo l’incriminazione del parlamentare, ma non impedisce gli atti giudiziari di inchiesta, né esclude che il parlamentare sia sottoposto a giudizio per atti precedenti il mandato.

In Germania ed in Italia, invece, la garanzia della inviola- 43 bilità esclude in linea di principio non solo la formalizzazione del procedimento nei confronti di un parlamentare, ma anche il compimento di atti investigativi e istruttori intesi a dare corpo a sospetti di ordine penale. Ma mentre in Italia tale regola è di rigida applicazione, nel senso che comporta la necessità di richiedere l’autorizzazione a procedere nel momento stesso in cui le investigazioni portano ad individuare l’indiziato nella persona di un parlamentare, in Germania la soluzione pratica è diversa. Di fatto, con una delibera preventiva che rinnova all’inizio di ogni legislatura, il Bundestag autorizza l’apertura di qualsiasi procedura di inchiesta- per delitti o contravvenzioni nei confronti di propri membri fatta eccezione per quelle relative ad ingiurie di carattere politico. L’autorizzazione non copre né le misure privative o limitative della libertà personale che sia necessario adottare nel corso dell’inchiesta, né la formalizzazione dell’azione penale per delitti o la richiesta di ordinanze e decisioni penali. L’uno e l’altro tipo di provvedimenti dovranno perciò essere autorizzati caso per caso dal Bundestag con un procedimento ad hoc. Anche l’apertura dell’inchiesta deve essere inoltre notificata, se ciò non intralcia l’accertamento della verità, al parlamentare interessato e in ogni caso al presidente del Bundestag e non pregiudica la possibilità per la Camera di richiederne, in qualsiasi momento, la sospensione. Si realizza, così, un sistema equilibrato che, pur salvaguardando la prerogativa parlamentare, tende a semplificare notevolmente i rapporti fra magistratura e Parlamento.

8 – Principio comune a tutti gli ordinamenti considerati è che l’immunità dal procedimento penale — come qualsiasi tipo di immunità personale — non è disponibile da parte del parlamentare interessato, essendo una garanzia della funzione, e quindi è irrinunciabile. L’unica eccezione rilevante è quella dell’ordinamento svizzero che equipara alla decisione della Ca- mera il consenso (nel caso di arresto, per iscritto) del parlamen- tare.

Negli altri ordinamenti, qualunque sia l’interesse personale del deputato, il procedimento di autorizzazione a procedere, di revoca dell’immunità o di sospensione delle misure penali che lo riguardano non gli appartiene al punto che in alcuni paesi (per esempio, in Germania) gli è vietato di prendere la parola e non si tiene conto delle richieste da lui presentate per la revoca della propria immunità. In Belgio, Italia, Francia e Spagna, il parlamentare può invece intervenire nella discussione anche nei casi in cui sia limitata per esplicita disposizione regolamentare (Francia e Belgio) ed essere sentito dalla Commissione che istruisce il caso facendosi eventualmente rappresentare da un collega. In tali sedi potrà esprimere le proprie valutazioni e avanzare le proprie richieste, che non condizionano tuttavia le scelte della Camera.

Il principio è, come si vede, di costante applicazione. Ma ciò non esclude che sussistano notevoli inconvenienti pratici soprattutto per due ordini di motivi: perché può portare a sacrificare il «diritto al processo» del singolo parlamentare e perché l’incriminazione può essere volutamente ricercata dal parlamentare come atto politico dimostrativo.

In certe occasioni il ricorso immediato al giudice è lo strumento di difesa più efficace — se non l’unico — dell’onorabilità morale e politica del singolo parlamentare (ed eventualmente della sua parte politica), mentre il mantenimento dell’immunità potrebbe anche risolversi, paradossalmente, in un pregiudizio per l’imparzialità e la libertà della funzione a seguito della tentazione — che può essere coltivata da una maggioranza — di sfruttare politicamente il caso, senza consentire un adeguato accertamento dei fatti.

In altre situazioni l’incriminazione per certi tipi di reato (per esempio, i cosiddetti reati di opinione) può essere voluta dallo stesso parlamentare per dimostrare l’anacronismo o l’incostituzionalità di determinate norme penali, perseguendo così scopi politici attraverso il clamore di una battaglia giudiziaria che lo coinvolga direttamente. Si tratta di due ipotesi estreme accanto alle quali si collocano tutta quella serie di casi in cui al parlamen- tare — per la infondatezza delle accuse, per la limitata gravità del reato, per la possibilità di applicare, nella fattispecie concreta, istituti che comporterebbero una pena minima, una misura di carattere non penale, ecc. — possono derivare più danni dall’esistenza dell’immunità di quanti non deriverebbero dal normale svolgimento del processo. E tuttavia, se taluni ordinamenti hanno previsto accorgimenti particolari per semplificare, nei casi di minore rilievo, la procedura di concessione dell’autorizzazione a procedere (9), la riaffermazione sistematica della limitata rilevanza dell’interesse dei singoli si inquadra perfettamente nelle caratteristiche strutturali della decisione parlamentare che revoca l’immunità, autorizza il procedimento penale o lo sospende. Certo, nella valutazione complessiva che la Came- ra compie ai fini di tale decisione rientrano anche il «diritto al processo» del singolo parlamentare e il suo interesse politico o personale; ma non sono che uno degli elementi in gioco di una decisione eminentemente politica che richiede soprattutto una ponderazione bilanciata di tutti gli interessi parlamentari.

9 – Proprio la natura politica della decisione e del relativo procedimento impediscono di definire con un taglio troppo netto i parametri ai quali, nei casi concreti, le Camere fanno riferimento per accordare o negare l’autorizzazione o per richiedere la sospensione del procedimento. Di fatto, non esistono norme che specifichino tali parametri o delimitino in modo puntuale il campo dell’esame in Parlamento, pur costituendo i precedenti e le discussioni che in numerose occasioni si sono sviluppate un cospicuo punto di riferimento. Le disposizioni in materia si limitano piuttosto ad organizzare il relativo procedimento secondo un modello che è sostanzialmente uniforme per tutti i paesi (10).

È comunque pacifico che la competenza delle Camere, per natura e per caratteristiche, non si sovrappone in alcun modo alle funzioni della magistratura e non pregiudica né in un senso né nell’altro il giudizio sulla sussistenza dei fatti e sulla colpe- volezza dei parlamentari coinvolti pur potendo una valutazione degli elementi di fatto e di diritto delle singole fattispecie essere indispensabile per saggiare la congruità delle iniziative della magistratura.

La puntualizzazione più esplicita degli aspetti su cui deve vertere l’esame parlamentare è quella operata in Belgio; vi si precisano i seguenti profili:

  1. a) fondamento della richiesta alla luce dei princìpi di una corretta amministrazione della giustizia;
  2. b) gravità dei fatti imputati al parlamentare e congruità dell’azione intentata nei suoi confronti;
  3. e) incidenza sull’attività parlamentare dell’autorizzazione a togliere la immunità.

Allo stesso modo, in Italia le numerose discussioni che si sono sviluppate sui limiti dell’immunità hanno consentito di precisare che l’attenzione degli organi parlamentari deve rivolgersi ad accertare se sussista un fumus persecutionis nell’atteggiamento della autorità giudiziaria ed in generale se nelle sue determinazioni l’autorità giudiziaria sia stata in qualche modo influenzata da fatti e situazioni che attengano allo svolgimento del mandato parlamentare e se possa direttamente o indirettamente menomare lo svolgimento di tale mandato.

La procedura si sviluppa in tutti i casi attraverso l’esame di una Commissione incaricata di riferire all’Assemblea che in Francia ed in Belgio è una Commis- sione di volta in volta costituita per ogni singola richiesta, negli altri paesi una Commissione o una Giunta permanente (e si tratta, il più delle volte, della Commissione per il regolamento e della Commissione Giustizia). Talora le norme che regolano questa fase referente specificano i poteri (per esempio di richiedere documenti, dati e informazioni all’autorità inquirente) e gli obblighi (per esempio di ascoltare il parlamentare interessato) della Commissione, che deve comunque avanzare con un’apposita relazione le proprie proposte all’Assemblea. Anche per la fase della decisione in Assemblea sono previste norme specifiche, che riguardano in generale la possibilità (o l’obbligo) di iscrivere entro certi termini la questione all’ordine del giorno (anche se non si è conclusa la fase referente), la limitazione della discussione che precede la decisione della Camera e che in molti paesi è ristretta all’intervento del relatore, eventualmente del parlamentare interessato e a pochi oratori rispettivamente a favore e contro la revoca dell’immunità. È di notevole rilievo, per questa fase, la norma che impone in Spagna il dibattito in seduta segreta.

Ritornano, nella valutazione concreta dei singoli casi, le diverse esigenze che in ciascun ordinamento sono alla base di questo tipo di garanzia funzionale. Si spiegano così determinate valutazioni che le Camere hanno assunto a base delle loro decisioni in merito, per esempio, alla limitata gravità del reato (11) o agli effetti anche indiretti che l’azione giudiziaria potrebbe provocare sulla funzionalità dell’istituto parlamentare e sui suoi lavori. Ma si spiega, soprattutto, l’atteggiamento assunto dalle Camere — per esempio in Belgio, in Italia o (in modo più limitato) in Germania — in merito ai reati politici che vengono in linea di massima esclusi dalla revoca dell’immunità secondo un indirizzo più ampio in Italia, ma che comunque si ricollega all’esigenza di far prevalere — durante il periodo del mandato parlamentare — il rapporto di responsabilità politica diffusa su quello di carattere penale.

10 – L’accettazione nell’opinione pubblica del sistema di immunità e la resa dei singoli istituti fin qui delineati variano da paese a paese. In Italia la difficile opera di bilanciamento che è devoluta alle Camere non è sempre riuscita; soprattutto in passato, si sono verificati talora abusi che hanno portato alla luce squilibri, tensioni e rigidità denunciati da alcuni settori dell’opinione pubblica fino al punto che a taluni l’intero sistema dell’immunità dal procedimento penale è apparso come un inaccettabile privilegio personale dei parlamentari in contrasto con il principio di eguaglianza.

I ritardi nell’esame delle richieste di autorizzazione a procedere, che in numerosi casi non hanno avuto addirittura alcun esito per la decadenza che segue alla fine della legislatura, hanno provocato nel 1970 una pronuncia della Corte Costituzionale la quale, peraltro, ha confermato la piena autonomia del Parlamento nelle scelte relative non solo al merito delle richieste, ma anche ai tempi e ai modi delle risposte. E tuttavia, anche in connessione con tale sentenza, si è avuto un primo aggiustamento nei meccanismi operativi che se non ha portato al pieno rispetto dei termini previsti nei regolamenti della Camera e del Senato del 1971 (12) ha però ridotto di molto il numero delle richieste rimaste senza esito, come dimostrano i dati relativi alla sesta e soprattutto alla settima e l’ottava legislatura nella quale questo tipo d’inconveniente, più volte lamentato in passato, tende a scomparire.

Superato tale problema, numerose sono le proposte di modifica avanzate da varie parti. Si ritiene utile accennare a quelle presentate nell’ottava legislatura che propongono di mutare il sistema previsto in Costituzione o eliminando ogni forma di autorizzazione sia per l’arresto sia per il procedimento penale, salvo casi previsti da una legge ordinaria (ed è la proposta di iniziativa dei radicali), ovvero mantenendo l’immunità dall’arresto, ma sostituendo l’autorizzazione a procedere con una procedura di sospensione, entro un termine predeterminato, dei procedimenti il cui avvio deve essere tempestivamente comunicato alle Camere (ed è la proposta dei progetti di modifica costituzionale avanzati, in termini analoghi, tanto da deputati liberali quanto da deputati comunisti).

 

IV

1 – Tanto il Parlamento europeo quanto l’Assemblea consultiva del consiglio d’Europa e l’Assemblea dell’UEO godono, in base a specifiche disposizioni degli atti internazionali che li riguardano e dei rispettivi Regolamenti (13), di prerogative strutturate in modo analogo a quelle dei Parlamenti nazionali ed in particolare, delle immunità personali per i propri componenti. È così sancita, in primo luogo, l’insindacabilità assoluta per gli atti tipici del mandato parlamentare (opinioni e voti) con una norma che ricalca disposizioni vigenti in tutti gli ordinamenti nazionali e che non pone, sostanzialmente, problemi.

Quanto all’inviolabilità, invece, le norme internazionali prevedono una differenza a seconda del diverso ambito territoriale in cui essa deve essere fatta valere. Nei confronti di tutti gli Stati membri diversi da quello nazionale, l’estensione dell’immunità è infatti predeterminata, riguardando il divieto d’arresto e l’esenzione da ogni procedimento giuridico.

Anche questa disposizione — che sembra risultare dalla impostazione tipica delle immunità diplomatiche, per esempio nella parte in cui esclude la possibilità di instaurare procedimenti anche civili nei confronti dei parlamentari europei — non solleva problemi di particolare rilievo. Seppure l’ipotesi sembri più difficilmente realizzabile, l’Assemblea può comunque revocare tale forma di immunità su richiesta delle autorità nazionali interessate e secondo le procedure previste dal Regolamento.

Sul territorio nazionale, i membri delle Assemblee parlamentari europee godono invece delle stesse immunità riconosciute ai componenti del Parlamento nazionale. Tenendo conto del differente rapporto fra territorio e nazionalità del parlamentare, l’immunità è in questo caso costruita attraverso un rinvio agli ordinamenti nazionali. Disposizioni comuni a tutte e tre le Assemblee specificano inoltre che l’immunità dall’arresto e dai procedimenti giudiziari è limitata alla durata delle sessioni, copre anche il viaggio da e verso il luogo di riunione, non può essere invocata in caso di flagrante delitto e non pregiudica il diritto dell’Assemblea di revocarla. La Convenzione sullo statuto dell’UEO e le norme del Consiglio d’Europa precisano che la garanzia dell’inviolabilità si estende anche alle riunioni delle commissioni e sottocommissioni, sia o no l’Assemblea in sessione, e riguardano, oltre che i componenti delle Assemblee, i loro supplenti, siano o meno parlamentari.

2 – Come è noto, in campo internazionale la concessione di privilegi ed immunità ai rappresentanti degli Stati europei e alle organizzazioni internazionali è un fenomeno ben radicato e di fatto anche le immunità delle Assemblee parlamentari europee si inquadrano nelle prerogative riconosciute alle rispettive organizzazioni. La natura parlamentare dell’organo ha però influito sulla conformazione delle norme sopra descritte, affiancando garanzie tipicamente legate all’esercizio della funzione parlamentare ad altri privilegi che attengono invece alla libertà di movimento nel territorio dell’intera comunità e che pure sono previsti per i componenti di tali Assemblee.

Di fatto, poi, le norme sulle immunità parlamentari del Consiglio d’Europa e dell’UEO hanno visto di molto limitata la loro concreta possibilità di applicazione da una circostanza comune, fino alle elezioni dirette, al Parlamento europeo: quella cioè che le delegazioni nazionali sono (o erano) composte da deputati dei singoli Parlamenti nazionali. L’attività dei membri di tali Assemblee è risultata coperta da una doppia immunità e ciò ha ridotto notevolmente le possibilità di invocare le prerogative delle Assemblee europee. L’ipotesi prevalente è infatti quella che procedimenti penali o limitazioni della libertà personale derivino dall’iniziativa delle autorità nazionali per fatti commessi nel territorio nazionale, con la conseguenza di far scattare in primo luogo (se non esclusivamente) le prerogative del Parlamento nazionale. E anche per questo che fino ad ora nessuna richiesta di revocare l’immunità di propri componenti si è registrata per le Assemblee dell’UEO e del Consiglio d’Europa, mentre un solo caso fu discusso prima delle elezioni dirette dinanzi al Parlamento europeo.

Il mutamento a livello comunitario che si è realizzato con le elezioni a suffragio universale e diretto del Parlamento europeo ha influito in modo sensibile sulle immunità di tale Assemblea. Le norme non sono mutate; ma è mutato il loro spessore soprattutto per le maggiori possibilità che la garanzia divenga (come di fatto è accaduto) concretamente operante in assenza di analoghe immunità di derivazione nazionale.

Come per tutte le immunità internazionali, il fronte di difesa dell’indipendenza e della autonomia dell’organo è rivolto, piuttosto che all’interno delle istituzioni comunitarie, verso gli Stati membri e in particolare verso lo Stato nazionale dei singoli parlamentari. Nei fatti l’accento si è però fortemente spostato sulla esigenza di garantire le condizioni per la libera esplicazione delle funzioni connesse al mandato elettivo, valorizzando i profili funzionali dell’immunità parlamentare. Al tempo stesso ciò ha portato a focalizzare meglio delicate questioni che, anche sotto il profilo operativo, attengono all’immunità garantita al Parlamento europeo e che derivano in primo luogo dal diverso modo in cui i singoli ordinamenti nazionali regolamentano le prerogative parlamentari.

Dagli spunti comparati che precedono si può trarre un quadro delle difformità esistenti da paese a paese soprattutto per ciò che concerne l’immunità dal procedimento penale, ma anche per l’immunità dall’arresto. Sono differenze non lievi, sancite dalla diversa formulazione di norme costituzionali, ordinarie e dei regolamenti parlamentari e dal modo in cui quelle norme, in presenza di diverse situazioni istituzionali, vengono applicate. Il rinvio che l’ordinamento comunitario fa a quelli nazionali crea perciò di per sé una disparità fra parlamentari europei di differente nazionalità; essa è però probabilmente inevitabile nella attuale fase dell’integrazione europea. L’equiparazione alle immunità garantite ai deputati dei Parlamenti nazionali può anzi considerarsi giustificata da un lato per l’esigenza di rispettare i limiti che, nei singoli ordinamenti, l’in- teresse parlamentare non può superare nel condizionare la pretesa punitiva dello Stato; dall’altro, per le diverse condizioni in cui le immunità parlamentari operano in sede nazionale.

Difficoltà di maggiore peso derivano invece dal meccanismo operativo tipico dell’immunità parlamentare, che presuppone la valutazione complessiva ed il bilanciamento, nella decisione che di volta in volta l’organo parlamentare deve adottare, dei diversi interessi in gioco. Questi si pongono, nel caso delle immunità europee, su due piani differenziati (quello comunitario e quello nazionale), senza che vi siano strumenti immediati diretti a ri- comporre, come avviene in sede nazionale, eventuali squilibri e a dare piena coerenza al sistema.

3 – Le questioni emerse in occasione dei primi casi sottoposti all’esame del Parlamento europeo confermano la delicatezza del problema. Come è noto, il Regolamento dedica le disposizioni dell’articolo 5 alla procedura di revoca dell’immunità, dopo aver richiamato (all’articolo 2) il Protocollo del 1965, specificando che: «i deputati beneficiano dei privilegi e delle immunità» previsti da tale atto.

Un problema interpretativo era già sorto in occasione dell’unico caso sollevato prima delle elezioni dirette del Parlamento europeo, quando il Tribunale penale di Lussemburgo aveva chiesto alla Corte di Giustizia delle Comunità europee di preci- sare come dovesse intendersi la limitazione dell’immunità parlamentare alla «durata delle sessioni dell’Assemblea». Nel caso di due parlamentari lussemburghesi accusati di diffamazione a mezzo stampa — escluso che potesse valere l’immunità del Parlamento nazionale perché esso non era in sessione — si trattava di stabilire se l’immunità europea potesse validamente essere invocata quando l’Assemblea europea non era in seduta, pur non risultando ufficialmente chiusa la sessione. Con sentenza del 12 maggio 1964, la Corte comunitaria ha specificato che il Parlamento va considerato in sessione, anche se non è effettivamente riunito, fino al momento della chiusura delle sessioni annuali e straordinarie e quindi l’immunità si considera in sostanza operante, secondo tale interpretazione che è tuttora valida, per l’intero anno. Di conseguenza, il Parlamento europeo revocò, con una decisione immediatamente successiva a quella della Corte, l’immunità dei due parlamentari (14).

Sull’attuale formulazione delle norme regolamentari in materia di immunità, si può innanzitutto ricordare che il paragrafo 3 dell’articolo 5 (15) ha introdotto anche nell’ordinamento comunitario la possibilità di richiedere, su proposta di qualsiasi deputato, la sospensione del procedimento penale o dello stato di detenzione di un parlamentare in caso di flagrante delitto. È una disposizione significativa, perché riafferma, in assenza di un’esplicita disposizione in tal senso del Protocollo del 1965, 53 l’esigenza di garantire l’integrità dell’organo parlamentare anche rispetto a provvedimenti legittimamente adottati dalle autorità nazionali e consente l’eventuale controllo, in seno al Parlamento europeo, di tali provvedimenti.

Quanto alla revoca dell’immunità, le relative richieste, inoltrate direttamente al Presidente, sono deferite alla Commissione giuridica che le esamina «senza entrare nel merito della questione» e ascoltando, se ne viene fatta richiesta, il deputato interessato. La relazione della Commissione viene iscritta al primo punto nell’ordine del giorno della seduta successiva e la discussione in Assemblea «può vertere soltanto sulle ragioni che militano a favore o contro la revoca dell’immunità». Queste disposizioni sono state interpretate dalla Commissione per il Regolamento, che ha specificato come la proposta della Commissione giuridica debba limitarsi a raccomandare l’accoglimento o il rigetto della richiesta di revoca dell’immunità. Non sono ricevibili emendamenti e la proposta della Commissione è sottoposta ad un’unica votazione, intendendosi adottata, in caso di rigetto, la decisione contraria.

In effetti, fin dalla prima discussione su un caso di sospensione dell’immunità, nell’aprile 1981, erano emerse due tendenze che, al di là di problemi strettamente procedurali, riguardavano anche il modo di rendere operativa l’immunità europea. Semplificando (anche a rischio di estremizzare le due posizioni) si può dire che la prima accentua l’esigenza di garantire ai parlamentari europei lo stesso trattamento di quelli nazionali fino al punto di limitare le valutazioni in sede comunitaria ad un solo aspetto: la verifica, cioè, del modo in cui nella fattispecie concreta si sarebbe comportato il Parlamento nazionale. La seconda sottolinea invece l’opportunità di ricercare una prassi pienamente autonoma del Parlamento europeo attraverso la predeterminazione dei propri parametri di valutazione, eventualmente anche in contrasto, su qualche punto, con quelli nazionali.

L’equilibrio delle prime decisioni del Parlamento europeo (su casi peraltro relativamente semplici) non ha però impedito di far emergere le possibili divaricazioni tra tali due diverse impostazioni; e se il riferimento alla prassi seguita dal Parlamento nazionale in casi simili non significa necessariamente l’appiattimento obbligato su di essa da parte del Parlamento europeo, è prevedibile che nei casi più delicati le maggiori difficoltà deriveranno proprio dalla necessità di gestire in modo unitario un sistema che è invece basato su norme e prassi notevolmente diversificate (16). Le cautele nell’introdurre esplicite motivazioni nella decisione del Parlamento europeo che concede o nega la revoca dell’immunità sono giustificate dalla necessità di evitare di anticipare un qualsiasi giudizio nel merito del caso concreto.

Un ulteriore problema si è posto per i componenti del Parlamento europeo che siano anche membri del Parlamento nazionale. In linea di principio, in caso di parlamentari con doppio mandato, le procedure per la revoca delle immunità dovrebbero essere iniziate, indipendentemente l’una dall’altra, dinanzi al Parlamento europeo e a quello nazionale. Ma evidenti motivi di opportunità politica — legati anche alla più diretta conoscenza dei fatti da parte del Parlamento nazionale e alle maggiori possibilità di valutare le ragioni che pesano a favore o contro la revoca — hanno indotto la Commissione giuridica a stabilire che in tali casi l’esame delle richieste dinanzi al Parlamento eu- ropeo inizi immediatamente dopo la decisione del Parlamento nazionale. Un altro problema che pure si è già presentato in sede comunitaria è stato quello della rilevanza che assume la volontà di rinunciare all’immunità che lo riguardi espressa dal parlamentare direttamente interessato. Considerata la natura di prerogativa funzionale dell’immunità, la Commissione giuridica del Parlamento europeo ha confermato che —come è per tutti gli ordinamenti nazionali — la rinuncia non ha alcun valore giuridico; essa va pertanto considerata come uno solo degli elementi di fatto da valutare ai fini della decisione, senza che però possa in alcun modo condizionarla. Nel caso concreto, l’immunità non è stata revocata.

4 – Le norme sulle prerogative del Parlamento europeo formano parte integrante del diritto comunitario, e, secondo principi elaborati dalla Corte di Giustizia delle comunità europee, sono direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri, essendo complete in ogni loro elemento. Seppure in qualche stato (e per esempio in Italia) non è pienamente accolta la conclusione della Corte comunitaria secondo la quale qualsiasi giudice interno dovrebbe — nel caso di contrasto tra norma 55 interna e norma comunitaria e anche se si tratti di una norma interna di rango costituzionale — far prevalere la seconda sulla prima, il principio della diretta applicabilità delle norme comunitarie che non hanno bisogno di alcun atto ad hoc di esecuzione è generalmente accolto.

In Italia, però, è stata anche contestata la legittimità costituzionale della disposizione che attribuisce ai parlamentari europei le stesse immunità di cui godono i deputati nazionali. Con una decisione dell’aprile 1980 in un procedimento penale contro un deputato europeo, un procuratore della Repubblica ha respinto l’istanza della parte civile che sollecitava la richiesta al Parlamento europeo della revoca dell’immunità. Nel motivare tale decisione, il magistrato ha specificato che le immunità riconosciute ai parlamentari nazionali derivano da una norma costituzionale di carattere eccezionale, non estensibile senza una legge costituzionale. La vicenda non ha avuto una conclu- sione esauriente in sede giudiziaria, perché il giudice istruttore, a sua volta investito del caso, ha ritenuto non rilevante ai fini della definizione del giudizio la questione di costituzionalità, ha affrontato pertanto direttamente il merito ed ha archiviato la denuncia per insussistenza del reato.

Al di là degli aspetti più strettamente attinenti ai profili di diritto costituzionale interno (alla stregua dei quali sarebbe stato forse più opportuno investire della questione la Corte costituzionale) il caso merita attenzione in quanto è stata contestata «anche sotto il profilo socio-politico, oltre che storico, l’esten- sione delle immunità a soggetti estranei all’ordinamento parlamentare nazionale, perché tale estensione contrasterebbe con la ratio della stessa norma costituzionale che mira a garantire, nell’ambito del rapporto fra i diversi poteri dello Stato, l’indipendenza dell’organo parlamentare da atti dell’autorità giudiziaria o di polizia ispirati a valutazioni politiche».

Al fondo della questione vi è, cioè, il pericolo (17) di una scarsa consapevolezza — comune forse ad altri ordinamenti — della funzionalità dell’immunità parlamentare europea rispetto al processo di integrazione comunitaria e al ruolo che il Parlamento elettivo deve svolgervi.

In proposito, vale invece la pena di richiamare, a fondamento delle prerogative del Parlamento europeo, le affermazioni che la Corte di Giustizia ha avuto modo di svolgere in una decisione dell’ottobre 1980, nel sottolineare l’importanza del- la partecipazione del Parlamento nel procedimento legislativo della Comunità e la sua essenzialità per l’equilibrio istituzionale. Seppure non dotata delle funzioni decisorie generalmente at- tribuite ai Parlamenti nazionali, l’Assemblea comunitaria rappresenta l’indispensabile componente democratica, espressione diretta della volontà popolare, strumento per coinvolgere i popoli nella affermazione degli ideali della unità europea. «Lo scopo dell’immunità — ha confermato la Commissione politica in una relazione dell’8 marzo 1982 — è quello di garantire l’integrità dell’istituzione parlamentare e l’indipendenza dei suoi membri nei confronti degli altri poteri. Di conseguenza, essa non può essere revocata per ragioni attinenti alla attività politica… Perciò, che si tratti dell’inizio dell’azione penale, di provvedimenti istruttori, di provvedimenti esecutivi di sentenze già pronunciate, o di procedure in appello o in cassazione l’immunità parlamentare esplica i suoi effetti per tutta la durata del mandato; né può essere messa in discussione dal fatto che i reati siano anteriori». Emergono allora con chiarezza quegli stessi profili funzionali che sono propri delle immunità garantite al Parlamento in sede nazionale e che tendono a tutelarne l’indipendenza, il prestigio, l’autonomia e l’integrità per essere tale organo espressione diretta del popolo, sede del confronto fra tutte le forze politiche da cui promanano gli indirizzi politici generali, titolare di funzioni che lo pongono in una indiscutibile posizione di centralità nell’equilibrio istituzionale complessivo.

 

V

Anche l’immunità di sede del Parlamento è un istituto di generale diffusione, di cui però è difficile trovare traccia in norme di rango costituzionale. Di fatto, essa costituisce una naturale protezione dell’autonomia e della indipendenza dell’organo parlamentare, sancita in norme ordinarie o, più di frequente, nei Regolamenti parlamentari o anche, al di fuori di ogni norma scritta, in prassi di antica consuetudine.

L’istituto si concreta nel divieto di esercitare, all’interno dei locali del Parlamento, qualsiasi manifestazione di autorità senza l’autorizzazione del Presidente ed è generalmente collegato ai poteri di polizia che spettano, all’interno delle Camere, esclusivamente ad organi parlamentari. Seppure presenta qualche affinità con l’extraterritorialità delle sedi diplomatiche, si differenzia in modo sostanziale da tale istituto di diritto internazionale perché non comporta la sottrazione di quanto accade nei locali parlamentari alle normali competenze dei poteri dello Stato.

Sotto questo profilo, la tutela della piena indipendenza ed autonomia dell’organo si concreta innanzitutto nel divieto alla forza pubblica di entrare nell’Aula e nei locali parlamentari se non su ordine del Presidente, cui si affiancano disposizioni dirette ad attribuire agli organi parlamentari il compito di vegliare sulla sicurezza della Camera, regolamentando l’accesso degli estranei (in particolare durante lo svolgimento dei lavori). In Italia, le norme regolamentari attribuiscono il potere di polizia a ciascuna Assemblea, ponendo la guardia di servizio alle dipendenze funzionali degli organi parlamentari (e in partico- lare del Presidente). Viene inoltre specificato che l’ordine alla forza pubblica di entrare in Aula può essere dato solo dopo che la seduta sia stata sospesa o tolta. Non diversamente, la diretta disponibilità della forza pubblica addetta alla sede del Parlamento è sancita in Spagna da una norma costituzionale, mentre in Francia l’articolo 16 del Regolamento dell’Assemblea nazionale affida al Presidente non solo il comando ma anche la determinazione dell’entità del contingente militare destinato a proteggere la sicurezza interna ed esterna della sede parlamentare. Una norma analoga sui poteri di polizia negli edifici dell’Assemblea federale è contenuta nell’articolo 14 della legge svizzera del 26 marzo 1934.

In Gran Bretagna — dove non esiste alcuna forma di inviolabilità dei parlamentari che si concreti in un divieto di arrestare o perseguire penalmente i deputati in carica — non è però ammesso l’arresto di un parlamentare all’interno della Camera, quando questa sia in sessione.

Anche per le Assemblee parlamentari europee vi sono norme che sanciscono l’immunità di sede: così l’edificio dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è inviolabile e la polizia e la magistratura francese non sono autorizzati a penetrarvi per esercitarvi le loro funzioni se non previo accordo con  il Segretario generale e alle condizioni da questo fissate. Per il Parlamento europeo, occorre invece far riferimento alle immunità e ai privilegi di cui gode la Comunità nel suo complesso che, per l’inviolabilità dei locali, sono specificati dall’articolo 1 del Protocollo del 1965 già citato. Tale norma, in particolare, dichiara gli edifici comunitari esenti da perquisizioni, requisizioni, confisca ed espropriazione richiamando formule tipiche delle immunità fissate in diritto internazionale per le sedi diplomatiche.

Nel complesso la ratio delle varie disposizioni citate è del tutto analoga a quella che ispira il sistema delle prerogative parlamentari: evitare, cioè, ogni turbativa esterna ai lavori del Parlamento e alla sua indipendenza. Proprio per questo motivo in molti paesi (anche se non in tutti) alle ordinarie forze di polizia si affiancano nella sorveglianza degli edifici parlamentari reparti delle forze armate, che evidenziano emblematicamente gli stretti vincoli tra la difesa nazionale e la tutela degli istituti democratici della nazione stessa.

Sempre al fine di tutelare i lavori parlamentari da turbative esterne rispondono le norme che, in alcuni ordinamenti, istituiscono uno «spazio di rispetto» attorno agli edifici parlamentari, vietando o ponendo particolari condizioni allo svolgimento di manifestazioni pubbliche. La legge tedesca per la protezione delle aree adiacenti agli organi della federazione vieta le manifestazioni all’aperto e i cortei nelle vie e nelle piazze adiacenti al Parlamento, in un perimetro che è delimitato dalla legge stessa. Deroghe a tale divieto possono essere concesse dal Ministro federale dell’interno, previo accordo con i Presidenti del Bundestag o del Bundesrat. In Gran Bretagna non sussiste alcun divieto (né alcuna necessità di preventiva autorizzazione), ma è prassi consolidata che gli organizzatori delle manifestazioni prendano contatti con la polizia, che dà suggerimenti sulle modalità e sui tempi per lo svolgimento dei cortei o delle manifestazioni stesse. Nei Paesi Bassi, la disciplina delle pubbliche manifestazioni rientra fra le attribuzioni dei comuni. Il Borgomastro, sentito il parere della polizia, può così fissare condizioni limitative che in generale comportano (nel caso dell’Aja) il percorso dei cortei e la distanza che deve essere tenuta dai dimostranti rispetto alle sedi del Parlamento, del Governo o di altri organi.

(1) In tutti i paesi dell’Europa occidentale la pubblicazione di resoconti fedeli dei discorsi ed il commento leale dei lavori parlamentari sono un’esigenza legata alla libertà di stampa. Ciò non impedisce, tuttavia, che responsabilità penali o civili, possano derivare dalla divulgazione di opinioni espresse in Parlamento, qualora siano riprodotte in modo diverso da quello consentito per dare pubblicità ai lavori parlamentari. Così in Danimarca l’immunità parlamentare non copre le dichiarazioni fatte al Folketing ma reiterate sulla stampa al solo scopo di divulgarle e, allo stesso modo, in Francia, Belgio e Lussemburgo l’insindacabilità non riguarda le opinioni rese alla stampa, anche se ricalcano quelle espresse in Parlamento. In Gran Bretagna non è possibile esperire con successo l’azione civile per diffamazione (neanche dimostrando che le affermazioni pubblicate sulla stampa sono completamente false o che la pubblicazione è stata fatta con intenti maliziosi) quando sia eccepito il «privilegio assoluto» che copre i discorsi pronunciati alle Camere o le affermazioni contenute in documenti ufficiali quali possono essere le relazioni delle Commissioni parlamentari. Sono invece coperti da un «privilegio qualificato» i resoconti pubblicati dai giornali degli atti coperti da privilegio assoluto, nel senso che si deve provare, per escludere ogni responsabilità, che il resoconto è corretto, complessivamente accurato e non è stato fatto con malicious intentions.

(2) In tali procedimenti i parlamentari non possono essere citati a comparire durante le sessioni parlamentari e nei quaranta giorni che precedono e che seguono. Si ammette invece che il privilegio parlamentare non può interferire sull’interesse a perseguire i reati puniti dalla legge penale. La Camera deve essere informata dei motivi per i quali un suo componente viene accusato di un reato e sottoposto a misure detentive che gli impediscano l’esercizio del mandato, così come devono essere portate a sua conoscenza le sentenze che riguardano i suoi membri. Non ha però alcun potere di richiedere il rilascio di un parlamentare detenuto in base ad una accusa penale, anche se può chiedere con un voto che il parlamentare detenuto sia posto sotto la sua sorveglianza, così come può procedere all’espulsione per indegnità di un proprio membro colpevole di un reato che giustifichi il provvedimento.

(3) In Francia, nei periodi in cui l’Assemblea nazionale non è in sessione, spetta all’Ufficio di presidenza autorizzare l’arresto, salvo che si tratti di arresto in flagranza o di arresto nel corso di un procedimento già autorizzato dalla Camera o di condanna definitiva.

È invece naturalmente legata al fatto che la Camera effettivamente sieda la possibilità — in Francia, come in altri Paesi — di richiedere la sospensione dell’arresto di un parlamentare operato legittimamente.

In Belgio il divieto di arresto sarebbe legato al fatto che la Camera sia in sessione, salvo la possibilità per la Camera di richiederne alla ripresa dei lavori la sospensione. Per consuetudine però le sessioni parlamentari terminano solo alla vigilia dell’apertura della nuova sessione annuale.

(4) Qualche differenza piuttosto si segnala per ciò che riguarda la definizione dei casi di flagranza in cui è consentito l’arresto di un parlamentare: così, mentre nella Repubblica federale tedesca alla flagranza è equiparato l’arresto nel gior- no successivo alla commissione del reato, in Italia l’ipotesi è limitata al caso in cui il deputato «sia colto nell’atto di compiere un delitto per cui è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura».

(5) In Germania però per le pene di durata non superiore ai tre mesi l’autorizzazione del Bundestag può essere concessa con una procedura semplificata, che comporta — secondo uno schema comune alle autorizzazioni a procedere in giudizio per questioni di minore importanza, di cui si dirà più ampiamente in seguito — una decisione preventiva da parte della Commissione competente che diviene definitiva se non vi è opposizione nei sette giorni dinanzi al Bundestag. È da aggiungere che, seppure l’ipotesi non risulta essersi mai verificata, si ritiene generalmente che l’autorizzazione all’arresto o alla detenzione possa essere condizionata alla possibilità che il parlamentare partecipi ai lavori del Bundestag.

(6) È il caso, per esempio, di un parlamentare europeo che è stato incriminato di violazione del monopolio radiotelevisivo insieme ad altri parlamentari francesi, nel cosiddetto caso delle radio libere. Nel suo caso, la possibilità di invocare l’immunità parlamentare era strettamente legata alla soluzione del problema se, come affermato dalla polizia, vi fossero effettivamente i presupposti della flagranza.

(7) I Paesi in cui l’immunità dal processo può essere invocata solo durante la sessione sono, oltre alla Francia, la Svizzera, il Belgio ed il Lussemburgo. Per gli ultimi due, però, la consuetudine per cui la sessione si considera chiusa solo alla vigilia di quella successiva rende problematica l’effettiva possibilità di esperire senza l’intervento del Parlamento gli atti rilevanti dell’avvio dell’azione penale. Piuttosto è da segnalare che in Belgio il Senato ha talora condizionato la revoca dell’immunità alla circostanza che il parlamentare non fosse chiamato a comparire in giudizio nei giorni in cui era impegnato nei lavori parlamentari. La legge svizzera prevede dal canto suo che, all’inizio della nuova sessione, il parlamentare possa chiedere per mezzo di una delibera del Consiglio Federale la sospensione delle sole «citazioni e operazioni giudiziarie importanti».

(8) Semmai, il problema che si è posto (ed è stato risolto positivamente con una decisione del 1973) è se fosse lecito notificare durante la sessione una imputazione per la quale era stato depositato un «réquisitoire introductif» (che formalizza l’imputazione, anche quando viene notificato all’imputato in un momento successivo) quando l’Assemblea nazionale non era in sessione e senza che la Camera avesse avviato una procedura di sospensione del procedimento penale.

(9) In Germania l’autorizzazione a procedere deve essere in linea di principio accordata per i reati di circolazione stradale; in tal caso, e nei casi di reati di minore importanza, è adottata una procedura semplificata che comporta una decisione preliminare da parte dell’apposita Commissione, la quale, notificata al Bundestag, diviene definitiva se nei sette giorni non viene fatta opposizione dinanzi all’Assemblea. Nei casi in cui debba applicarsi l’amnistia, la Commis- sione è poi autorizzata a dichiarare che il Bundestag non solleverà obiezioni all’applicazione della legge di amnistia in modo da consentire che anche tali casi non siano sottoposti all’esame dell’Assemblea. Anche in Francia l’immunità non può essere invocata per le infrazioni di minor rilievo, dato che l’eventuale condanna non influirebbe negativamente sul prestigio personale del deputato né comporterebbe la detenzione. In Danimarca, nei casi di infrazioni lievi resta applicabile l’ammenda per evitare il procedimento giudiziario.

(10) La comparazione delle diverse norme procedurali vigenti nei vari Parlamenti offre spunti interessanti sui quali non è possibile tuttavia soffermarsi in questa sede. A parte i dati che si sono già riferiti sugli aspetti procedurali, si intende solo segnalare che in tutti i paesi il procedimento si articola sostanzialmente in tre fasi. La prima attiene all’inoltro della richiesta e per essa le differenze di rilievo riguardano l’organo competente ad inviarle alle Camere, i poteri che tale organo ha (soprattutto qualora si tratti del Ministro della giustizia o del Procuratore generale) nel valutare l’opportunità di dar seguito alla questione, la possibilità che, per i reati punibili a querela o su denuncia di privati, l’istanza sia inoltrata direttamente dal privato. In Danimarca la richiesta prende la forma di una petizione rivolta al Presidente del Folketing che la sottopone all’esame dell’Assemblea.

(11) A parte le notevoli semplificazioni procedurali previste in Germania, la minore gravità del reato viene assunta come elemento talora a favore, talaltra contro la revoca dell’immunità. Queste oscillazioni si spiegano se si considera il diverso angolo di visuale in cui può porsi la Camera, nel primo caso considerando la circostanza come indice della probabile assenza di intenti vessatori nell’iniziativa dell’azione penale; nel secondo, l’opportunità che questioni di minor rilievo anche ai fini dell’interesse punitivo dello Stato non turbino l’esercizio del mandato parlamentare. E da segnalare che questo orientamento, spesso collegato anche a rilievi sulla labilità degli elementi di prova nei confronti del parlamentare, ha provocato forti reazioni critiche, per esempio, in Italia.

(12) Termini per l’attività della Commissione incaricata di riferire all’Assemblea sono previsti in quasi tutti i Regolamenti. È da segnalare però che per risolvere in radice il problema dei ritardi o dell’omissione di risposta da parte delle Camere alle richieste di autorizzazione, taluni Stati hanno attribuito, con norma costituzionale, effetti automatici all’inutile decorso di termini prestabiliti. Così in Austria, se il Consiglio nazionale non si pronuncia nel termine di sei settimane (esclusi i periodi di intersessione), l’autorità che ha avanzato la richiesta può procedere all’arresto del parlamentare o all’avvio dell’azione penale. Al contrario, in Grecia, trascorsi inutilmente i termini previsti, l’autorizzazione si intende rifiutata. Anche in Spagna l’inutile decorso dei termini comporta effetti automatici, che sono però diversi per le due Camere.

(13) Si tratta in particolare: per il Parlamento europeo degli articoli 9 e 10 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità della Comunità europea, dell’articolo 4 dell’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti dell’Assemblea a suffragio universale diretto del 20 settembre 1976 e dell’articolo 5 del Regolamento; per l’Assemblea del Consiglio d’Europa, degli articoli 13, 14 e 15 dell’Accordo generale sui privilegi e le immunità e del Protocollo addizionale firmati rispettivamente a Parigi nel settembre 1949 e a Strasburgo il 6 novembre 1952 e dell’articolo 58 del Regolamento; per l’Assemblea dell’UEO, degli articoli 16, 17 e 18 della Convenzione sullo stato dell’UEO adottata l’11 maggio 1955 e dell’articolo 50 del Regolamento.

(14) La decisione fu motivata con l’intenzione di lasciare al Parlamento nazionale il compito di decidere liberamente sull’immunità dei propri parlamentari. È importante sottolineare come in un recentissimo caso la Commissione giuridica, nel discostarsi da questo procedente, abbia notato che esso derivava «da una situazione oggi superata; infatti fino alle elezioni a suffragio universale diretto, il mandato europeo derivava da una designazione effettuata dai parlamentari nazionali e partecipava, in qualche modo, della natura del mandato nazionale, in quanto solo il detentore di quest’ultimo poteva divenire membro del Parlamento europeo».

(15) Il Regolamento approvato il 26 marzo 1981, a seguito della revisione gene- rale, non ha comportato sostanziali modifiche nelle disposizioni concernenti la revoca dell’immunità, che hanno solo trovato una nuova collocazione nel capitolo I (Deputati al Parlamento europeo). In attesa dei risultati del gruppo di lavoro sullo «Statuto dei membri», la Commissione per il Regolamento aveva infatti deciso all’unanimità di mantenere provvisoriamente le disposizioni sulle immunità dell’articolo 51 del precedente Regolamento.

(16) Il sistema ha trovato per esempio forti opposizioni da parte di parlamenta- ri inglesi che, nel motivare a più riprese il voto contrario o l’astensione sulle proposte della Commissione giuridica che rifiutavano di revocare l’immunità, hanno sottolineato l’incongruenza (dal loro punto di vista) di un tale privilegio.

(17) C’è da notare, peraltro, che tale pericolo non può essere generalizzato. Di fatto, i giudici italiani hanno nella stragrande maggioranza dei casi sospeso i procedimenti penali relativi a parlamentari europei, tanto che su cinque casi fino ad ora sottoposti al Parlamento europeo quattro riguardano parlamentari italiani.

 

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